Il Parco Nazionale dei Monti Sibillini tutela un territorio di circa 70.000 ha, a cavallo tra le Marche e l’Umbria, in cui si alternano emergenze naturalistiche e straordinarie bellezze paesaggistiche e storico architettoniche, evidenza di una frequentazione da parte dell’uomo antichissima e capace di non alterare gli equilibri dei luoghi ma, anzi, di arricchirne il fascino con i segni della propria presenza.
La testimonianza di un’antropizzazione stabile in questa area è fornita da ritrovamenti di superfici, quali raschiatoi, schegge abbozzate, punte di selce e lame, riferibili già al Paleolitico Medio. Il Paleolitico inferiore è documentato invece dal rinvenimento di amigdale rozzamente scheggiate riconducibili ad un’industria litica (da Campo dell’ara di Sigliano, a nord del Parco) e di un ciottolo raffigurante una figura femminile nuda con testa di cane (Cesolone, nel Tolentino).
L’Età del Bronzo vede svilupparsi la civiltà Appenninica, che lascia traccia lungo tutto il territorio dei Monti Sibillini. Esempi sono i ritrovamenti di Pievetorina - in cui sono state rinvenute anse lunate, punte di freccia e ceramica – e di Monte Primo di Pioraco, da cui viene il noto ripostiglio di manufatti in bronzo scoperto nel 1882 all’interno di una piccola grotta.
A partire dall’età del Ferro i ritrovamenti più cospicui sono da assegnarsi ad una nuova facies culturale: la civiltà picena, originaria o proveniente dalla Balcania. In quest’epoca si assiste ad una strutturazione sociale declinata in gruppi aristocratici dediti ad agricoltura e pastorizia, che amplia la propria economia imponendo pedaggi sui commerci che attraversano punti obbligati fra Tirreno e Adriatico. Le necropoli della fase orientalizzante (VII sec. - inizi del VI sec. a.C) infatti si distribuiscono nella fascia territoriale interna, in prossimità dei valichi appenninici come ad esempio Tolentino.
Se i territori interni della Sabina intessono rapporti culturali sempre più stretti con l’area picena – come documentato in particolare a Norcia e Cascia - elementi di tradizione umbra si rintracciano invece in ambito cultuale, come comprovato dalle stipe di Appennino con i suoi bronzi stereometrici a figura umana. Nel territorio di Visso si attesta anche la presenza etrusca, rintracciabile ad esempio nel toponimo Rasenna.
A partire dalla fine del IV secolo a.C. la regione è progressivamente interessata dalle mire espansionistiche dei Romani, che la occupano prima sconfiggendo nella battaglia di Sentino (295 a.C.) i Galli Senoni, poi sottomettendo nel 290 a.C. i Praetutii, stanziati nell’ager Praetuttianus (nei pressi dell’odierna Teramo). Questa mutata situazione rende difficoltosa la convivenza tra Romani e Piceni e porta quest’ultimi a insorgere. La conseguenza è che una parte del territorio è annesso a quello romano e agli abitanti viene concessa una cittadinanza sine suffragio, un’altra è confiscata e gli abitanti deportati nella zona tra Campania e Lucania sul golfo di Salerno.
Più tardi, durante la guerra sociale, i Piceni riprendono ancora una volta le armi contro Roma ma il loro territorio viene presto occupato dalle truppe di Cesare e successivamente assegnato ai veterani. Tracce di centuariazione sono presenti lungo la Catena dei Sibillini, cosi come testimonianze romane in tutto il territorio del Parco, prova che in questo periodo si assiste ad una profonda riorganizzazione del territorio, ad un incremento della rete viaria e alla fondazione di alcune città importanti, quali Urbs Salvia e Tolentium. Con l’ordinamento regionale augusteo l’area rientra nella Regio V Picenum e i comuni italici conservano la loro autonomia.
Dopo la crisi dell’Impero, prima le invasioni di Alarico e in seguito la guerra Greco-gotica distruggono le città e falcidiano gli abitanti, costringendo i superstiti a riparare sulle colline, dando vita a piccoli centri. Con la dominazione Longobarda si assiste ad un frazionamento della zona, che fa capo alle numerose figure monastiche e clericali diffuse sul territorio, rappresentanti di quel fenomeno definito come monachesimo che vede la fondazione di monasteri dal Foglio al Tronto, spesso a distanza di un giorno di cammino l’uno dall’altro.
A partire dal X secolo, con gli Ottoni, appare per la prima volta la denominazione Marca, utilizzata per identificare la zona di confine dell’Impero (esempio Marca di Camerino, Marca di Fermo). Progressivamente, nel corso del XII secolo, vengono a istituirsi i liberi Comuni e anche le cosiddette “Comunanze”, comunità rurali che sfruttano il territorio organizzandolo in ampie proprietà indivisibili ed inalienabili, su cui esercitano il diritto di semina, pascolo e legnatico. Questo ha permesso che nei secoli si preservassero dallo sfruttamento zone boschive e di pascolo.
Tutto il territorio del Parco è caratterizzato dalla diffusa presenza di centri d’origine medioevale, spesso situati in posizione strategica rispetto alle principali vie di comunicazione. È proprio in quel periodo che si organizzano questi nuclei abitati, con mura fortificate e porte d’accesso che si distribuiscono attorno alla piazza, alla chiesa, al palazzo nobiliare. Ancora oggi questi centri, alcuni dei quali inclusi tra i borghi più belli d’Italia - mantengono la struttura originaria e conservano emergenze di notevole interesse storico e architettonico.
Durante la breve parentesi napoleonica, anche in queste terre si diffondono idee illuministiche e liberali. L’Imperatore francese, dopo il trattato di Tolentino firmato con il Papa Pio VI, ottiene il diritto di occupare Ancona e di proclamare la Repubblica Romana, assorbendo anche Fano, Senigallia e Ascoli. Tale esperienza avrà però vita breve e tutta l’area nel 1816 torna nuovamente sotto il controllo della Chiesa.
Nel 1860, con la battaglia di Castelfidardo, la zona è occupata dalle truppe piemontesi e annessa definitivamente al Regno d’Italia.
Luoghi di interesse culturale e turistico
ABBAZIA DI SANT’EUTIZIO (PRECI)
L’Abbazia di Sant'Eutizio è fondata dai monaci Siriani nel V secolo - su un precedente oratorio dedicato alla Vergine Maria - per iniziativa di Santo Spes, monaco che fu padre spirituale di Sant’Eutizio, San Fiorenzo e ispiratore di San Benedetto da Norcia. Oltre che per motivi spirituali, l’Abbazia è ricordata anche perché è sede di una vera e propria scuola scrittoria, che ha dato i natali alla Confessio Eutiziana, uno dei più antichi ed importanti documenti scritti in lingua volgare, composto tra il 936 ed il 1037. L’Abbazia, fino al XIII secolo ha visto inoltre svilupparsi un’importante scuola di medicina e chirurgia, da cui nascerà la Scuola chirurgica preciana, famosa in tutta Europa.
Attualmente il complesso ospita una comunità di monaci Benedettini. La struttura è costruita su un terrazzamento, posto sotto le grotte che nel V secolo ospitavano i primi monaci siriaci, e si articola in due cortili, il primo dei quali dà accesso alla chiesa medievale.
La chiesa, addossata alla parete rocciosa, conserva la facciata esterna originale, su cui si apre un portale romanico-spoletino ornato da un rosone e dai simboli dei quattro evangelisti.
L’interno è ad un’unica navata, decorata con affreschi del XIV e XVII secolo, con presbiterio rialzato, cripta - che custodisce le spoglie di Sant’Eutizio - un coro ligneo del XVI secolo ed una pietra scolpita dell’VIII secolo, già presente nella precedente chiesa. Al primo piano dell’Abbazia si trova il Museo mentre a picco sul complesso ci sono le grotte, scavate nella roccia, che i monaci del V secolo usarono come rifugio.
SANTUARIO DI MACERETO (VISSO)
Il Santurario di Macereto può essere considerato la massima espressione dell’architettura rinascimentale del ‘500.
La struttura sorge sull’omonimo altopiano nel 1529, a sostituzione di una precedente chiesa del 1359, eretta - come racconta la tradizione - nel punto in cui si inginocchiò un mulo che portava un simulacro della Madonna da Ancona al Regno di Napoli.
I lavori vengono iniziati dall’architetto Giovan Battista da Lugano, che si ispira ad un precedente progetto di Bramante, e proseguono dopo la sua morte con Filippo Salvi da Bissone, che li porta a termine nel 1556.
Il santuario, a pianta ottagonale, ha tre ingressi e nel centro un piccolo tempietto su cui è incisa la storia del miracolo di Macereto. La struttura è inserita in un complesso architettonico molto più ampio, che comprende la chiesa, la Casa dei Pellegrini, la Casa del Corpo di Guardia ed il Palazzo delle Guaite.
Il campanile originario è invece crollato a seguito di un cedimento del terreno.
BASILICA DI SAN BENEDETTO (NORCIA)
La Basilica di San Benedetto, posta nella piazza principale di Norcia, sorge tra il 1290 e il 1338 sui resti della casa natale del Santo, secondo quanto tramandato dalla tradizione. La struttura mostra una facciata a capanna della fine del XIV secolo in stile gotico, con portale ad ogiva e rosone centrale affiancato dalle statue di san Benedetto e della sorella, santa Scolastica.
Nel 1570 sul fianco destro viene innalzata la Loggia dei Mercanti, o Portico delle Misure, con lo scopo di munire la città di un mercato coperto dei cereali.
L’interno presenta una pianta a croce latina, con unica navata e abside poligonale; ha una disposizione degli spazi su due livelli, con al piano superiore la chiesa principale e a quello inferiore la cripta.
ROCCA DI ARQUATA (ARQUATA)
La Rocca di Arquata, costruita per motivi bellici, si presenta come una vera e propria fortezza, egregio esempio di architettura medievale duecentesca dell’Appennino Marchigiano.
Si trova in una posizione strategica di controllo, posta su uno sperone roccioso sovrastante tutta la vallata del Tronto e la via Salaria e al confine di quattro regioni (Marche, Umbria, Lazio e Abruzzo).
La storia della fortezza è legata a quella dell’abitato di Arquata, da sempre zona contesa tra diverse città, e alla figura della Regina Giovanna II d’Angiò che qui ha soggiornato. La costruzione della Rocca avviene tra l’XI secolo e il XII secolo, periodo in cui si sviluppa anche il borgo.
Alla morte di Federico II, per paura che Manfredi di Sicilia possa allargare il proprio dominio appropriandosi di nuove terre, la città di Ascoli procede con l’erezione di un Forte a protezione dei propri confini da incursioni esterne e sancisce l’alleanza con la città di Arquata.
Nuovamente nel 1400 la cittadina è oggetto di contesa tra Norcia e Ascoli e lo sarà ancora fino al XVI secolo. Durante il dominio napoleonico la Rocca viene ristrutturata con casematte e piazzole d’artiglieria.
Dopo l’Unità d’Italia viene però abbandonata e bisogna aspettare i primi anni del ‘900 per vedere avviare lavori di restauro, che hanno portato alla ricostruzione della torre più alta e del torrione esagonale.
Costruito con blocchi di pietra arenaria locale, l’impianto mostra ancora la cinta muraria dotata di un camminamento e di piombatoi, due torri merlate a coda di rondine e alcuni resti di un terzo torrione.
Il primo elemento edificato è verosimilmente il torrione a pianta esagonale, alto 12 metri, situato nello spigolo sud-est, che alla base conserva ancora visibili i varchi degli antichi cunicoli di fuga oramai tamponati.
Tra il XIV ed il XV secolo è innalzato il mastio, la torre nord a base quadrata alta 24 metri, destinata all’avvistamento e alla difesa estrema. L’ultima parte edificata è un torrione circolare alto 12 metri, situato nello spigolo sud-ovest, la cui terrazza serviva ad alloggiare i pezzi d’artiglieria.
Maggiori info sul turismo sostenibile nel Parco Nazionale dei Monti Sibillini
tratto da LA CARTA DI ROMA E I PARCHI NAZIONALI.